La pubblicità e l’evoluzione del business: siamo sicuri che si parlino?

Pro e contro degli aspetti pubblicitari in un mercato sempre più complesso e agguerrito. Qualche risposta a cura di Luca Panella, Managing Director Italy di Ogury.

La pubblicità e l'evoluzione del business: siamo sicuri che si parlino?

Da diverso tempo si dibatte su quale sia il futuro della pubblicità digitale e quali decisioni gli inserzionisti debbano prendere. Quando passeremo a sistemi ID-less? Cosa ne sarà della viewability? Queste sono solo alcune delle domande che i brand oggi si pongono.

Mark Victor Hansen aveva ragione nell’affermare: “Non si possono ottenere le risposte giuste se si fanno le domande sbagliate”. E questi sono proprio gli interrogativi che alimentano circoli viziosi che portano gli inserzionisti a disperdere i propri investimenti pubblicitari.

Che la soluzione sia o meno basata sugli identificatori, ciò che conta davvero è che i brand comprendano gli interessi della propria audience. L’unico modo per riuscire a raggiungere il giusto target è ingaggiarlo attraverso annunci di prodotti e servizi per lui rilevanti.

Non ultimo, le marche devono rivedere il concetto di viewability, da non considerare come una semplice voce da spuntare nei propri KPI, bensì metrica che dipinge un quadro accurato delle performance pubblicitarie.

Tra le innumerevoli soluzioni oggi disponibili sul mercato, i brand devono essere in grado di riconoscere quale può fornire la performance più sostenibile. Allo stesso tempo, l’esperienza del consumatore, l’engagement attraverso i dispositivi più utilizzati e il rispetto della privacy devono rimanere la priorità.

Quanto accuratamente conosci gli interessi della tua audience?

La prima domanda che le marche devono porsi è relativa alla loro audience: quanto conosco gli interessi del mio target al di fuori delle mie properties? Che si tratti di app o siti web, è fondamentale sapere a chi si ci sta realmente rivolgendo.

Storicamente le aziende Ad Tech hanno sempre fatto affidamento sugli identificatori e gran parte dell’industria si è costruita sul loro utilizzo. Con l’inasprimento delle norme sulla privacy dei dati, il numero di informazioni accessibili è destinato a ridursi.

Nel 2018 l’Europa ha fatto da apripista con l’introduzione della GDPR, dopodiché altre giurisdizioni hanno seguito l’esempio, come Brasile, California, Nuova Zelanda.

Non dimentichiamo che la GDPR richiede che per i consumatori debba essere facile tanto rifiutare quanto offrire il consenso, e i regolatori esigono sempre più spesso che questi termini vengano rispettati. La conseguenza sotto gli occhi di tutti è che i tassi di opt-in sono oggi inferiori al 50%.La pubblicità e l'evoluzione del business: siamo sicuri che si parlino?

Per risolvere questa spinosa questione, molte aziende si stanno adoperando per offrire “nuove” soluzioni basate su dati sicuri, contestuali e semantici, che però mancano di audience intelligence.

Al contempo, altri operatori restano aggrappati al vecchio modo di fare targeting, affidandosi cioè ai dati personali. Queste tecnologie non soddisfano però le aspettative degli inserzionisti perchè offrono un’analisi insufficiente, parziale e frammentata, in quanto relative alle informazioni disponibili all’interno delle proprie properties soltanto. E il circolo vizioso non accenna ad arrestarsi.

La trappola della viewability: se l’annuncio non viene visto e capito

A complicare ulteriormente la situazione è come viene ancora oggi misurata la viewability, a discapito di memorability e brand awareness.

Immaginate un cartellone pubblicitario posizionato dietro un albero o pensate di raccontare una storia omettendo alcune parole: il messaggio non è né chiaro né accurato. Lo stesso principio vale per il mobile advertising e la sua efficacia.

La domanda (sbagliata) che gli inserzionisti si pongono è se le proprie pubblicità siano visualizzabili, senza considerare che per gli attuali standard un video viene considerato come tale se il 50% dei pixel è visibile per almeno due secondi. Ma è davvero un tempo sufficiente? Ovvio che no.

Misurare la viewability unicamente attraverso il video completion rate (VCR) è fuorviante. Oltre a questa metrica occorre tenere in conto di quanta creatività viene effettivamente visualizzata. Insomma, gli advertiser dovrebbero cercare soluzioni che offrono un Full-Creative VCR che consideri il 100% dei pixel visualizzabili per tutto il tempo di esposizione del video.

Costruire una strategia sostenibile

La soluzione per i brand è presto detta: scegliere una soluzione che consenta una conoscenza completa degli interessi della propria audience capace di fornire ottime performance e proteggere la privacy dei consumatori.

L’idea di utilizzare i dati relativi a un gruppo più ampio piuttosto che a un unico individuo non è una novità.

Coniando il termine “Personificazione”, nel 2015 Gartner definiva la profilazione di consumatori con esperienze digitali basate non sulla loro identità personale, ma sull’appartenenza ad un segmento o cluster.

Il concetto di personificazione è alla base di un nuovo tipo di tecnologia chiamata Personified Advertising, che è cresciuta significativamente da quando sono stati annunciati i cambiamenti relativi all’IDFA (Identifier For Advertising) e che a differenza di altre soluzioni, utilizza dati relativi all’interesse delle audience per classificare le impression.

I dati relativi alla personificazione si basano su informazioni raccolte in anni di monitoraggio della mobile journey attraverso app e siti web per fornire una comprensione approfondita dei loro interessi. Tali dati sono unici e vengono costantemente aggiornati e convalidati attraverso sondaggi.

La pubblicità e l'evoluzione del business: siamo sicuri che si parlino?
Luca Panella, Managing Director Italy di Ogury

Questa efficace combinazione di informazioni non ha eguali e può rivelare insight fondamentali.

Un esempio? Gli appassionati di fitness mettono al primo posto tra i propri interessi la carriera, oppure i lettori di Rolling Stones sono più interessati ai viaggi rispetto al resto della popolazione.

Tali informazioni non solo aiutano i brand a migliorare le proprie performance, ma offrono un impareggiabile vantaggio competitivo.

A farla da padrone è sempre il targeting basato sugli interessi della audience. Nello scegliere la soluzione migliore tra tutte quelle oggi disponibili, gli advertiser devono tenere in conto degli insight capaci di raccontare ciò che ancora non sanno della propria audience di riferimento.

Ed è qui che il Personified Advertising entra in gioco, rispondendo alle sfide attuali. Ottenere ottime performance e incredibili insight rispettando i consumatori è ancora possibile, ma non solo.

A trarne beneficio sono tutti gli attori coinvolti: dai centri media ai brand che rappresentano, dagli editori ai consumatori, che visualizzano contenuti pubblicitari non invadenti e davvero interessanti.

a cura di Luca Panella, Managing Director Italy, Ogury