Trump, cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo presidente USA?

Un’economia in crescita ma con un deficit in aumento, tensioni commerciali in agguato e un’inflazione rimane un tema caldo per la Federal Reserve

Trump

I progetti cardine che contraddistingueranno il programma economico del 2025 di Donald Trump secondo Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners.

L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025 segna l’inizio di un nuovo capitolo per l’economia statunitense e globale. Con un programma elettorale che promette tagli fiscali, deregolamentazione e un ritorno all’“America First”, il tycoon si prepara a riportare in auge politiche che hanno già caratterizzato il suo primo mandato. Tuttavia, questa volta il contesto è diverso: un’economia in crescita ma con un deficit in aumento, tensioni commerciali in agguato e un’inflazione che, seppur moderata, rimane un tema caldo per la Federal Reserve.

La “nuova economia” di Trump

Uno dei pilastri del programma di Trump è la riduzione delle aliquote fiscali per le aziende, con l’obiettivo di portare l’imposta sulle società dal 21% al 15%. Questa misura, unita a una deregolamentazione più accentuata, potrebbe dare una spinta iniziale al mercato azionario, soprattutto nei settori tecnologico, finanziario ed energetico. Tuttavia, il rischio è che un deficit pubblico già elevato possa ulteriormente lievitare, con stime che parlano di un aumento del debito federale fino a 15.000 miliardi di dollari in un decennio.

I dazi sulle importazioni

Ma è sul fronte delle tariffe che Trump sembra voler lasciare il segno più profondo. Durante la campagna elettorale, ha promesso dazi del 60% sulle importazioni dalla Cina e del 10% su quelle provenienti dal resto del mondo, compresa l’Europa. Queste misure protezionistiche potrebbero avere un duplice effetto: da un lato, proteggere le industrie nazionali e riportare posti di lavoro negli Stati Uniti; dall’altro, aumentare i costi per i consumatori e le aziende che dipendono dalle importazioni. Secondo alcune stime, i dazi potrebbero far salire l’inflazione core di 10-25 punti base nella prima metà del 2025, con ripercussioni significative sui prezzi dei beni. L’impatto inflazionistico delle politiche di Trump non si limita ai dazi.

La politica fiscale e il settore energetico

La stretta sull’immigrazione, con l’obiettivo di ridurre la manodopera clandestina, potrebbe portare a un aumento dei salari, soprattutto in settori come l’edilizia e la ristorazione. Questo, unito a una politica fiscale espansiva, potrebbe complicare il lavoro della Federal Reserve, che si trova a dover bilanciare la crescita economica con il controllo dell’inflazione. È possibile che la Fed rallenti il percorso di riduzione dei tassi di interesse, adottando una politica monetaria più restrittiva rispetto alle aspettative del mercato. Nonostante i rischi, alcuni settori potrebbero trarre vantaggio dalle politiche di Trump. Le piccole e medie imprese (PMI) statunitensi, ad esempio, potrebbero beneficiare della deregolamentazione e di una maggiore chiarezza normativa.

Allo stesso modo, il settore energetico, in particolare quello legato al petrolio e al gas, potrebbe vedere un aumento degli investimenti grazie a politiche favorevoli all’approvvigionamento interno. Tuttavia, le fonti rinnovabili potrebbero subire un contraccolpo, con la possibile revoca di incentivi e sussidi previsti dall’Inflation Reduction Act.

In conclusione, l’insediamento di Trump rappresenta un momento di grande incertezza per i mercati globali. Mentre alcune politiche potrebbero favorire una crescita a breve termine, i rischi legati all’inflazione, al deficit e alle tensioni commerciali non possono essere sottovalutati. Gli investitori dovranno adottare un approccio bilanciato, monitorando attentamente l’evoluzione delle politiche economiche e delle relazioni internazionali. Il 2025 si preannuncia come un anno di sfide e opportunità, con Trump al centro di un dibattito che potrebbe ridefinire gli equilibri economici globali.