VEM Sistemi, la cybersecurity supera il networking ed è la prima voce di fatturato

L'AD ha anticipato i progetti dell'azienda, primo fra tutti il Digital Village, un aggregatore sociale e culturale nei pressi della sede di Forlì.

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Come di consueto, VEM Sistemi ha chiamato a raccolta partner e clienti nel suo evento annuale VEMLive2022. Quest’anno la location che ha ospitato l’evento è stata la Florim Gallery che si trova all’interno dell’azienda di ceramiche Florim. Il tema su cui confrontarsi è stato invece Time to Value – Sinergie Adattive Digitali.

Ad aprire la sessione plenaria Stefano Bossi Amministratore Delegato di VEM Sistemi, che ha enfatizzato come “dovremmo essere più flessibili, più adattivi e veloci per accelerare l’estrazione del valore dalle nostre aziende, It’s time to value!. Ha inoltre annunciato un importante progetto: VEM Digital Village.

All’intervento di Stefano Bossi è seguito quello di Gianmatteo Manghi, Amministratore Delegato di Cisco Italia che ha raccontato la direttrice innovativa della società, dalle novità radicali a quelle incrementali per utilizzare le tecnologie, il tutto mantenendo come fulcro sostenibilità ambientale e job inclusivity. Dopo di lui, Enrico Valli,  Artificial and Mechanical Intelligence Collaborator dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha spiegato alla platea il tempo dei robot, che possono aiutare l’uomo sotto diverse sfaccettature: dai lavori usuranti a quelli di soccorso.

È poi giunto il momento di Marco Bubani, Direttore Innovazione di VEM Sistemi che ha spiegato come puntando attraverso tre direttrici strategiche (persone, tecnologia e digitalizzazione dei processi), VEM stia investendo per ridurre il proprio Time to Value ma soprattutto quello dei propri clienti. Il manager ha spiegato come l’area tecnica della società, sia stata completamente riorganizzata per “Fusion Team” multidisciplinari, elemento essenziale per poter operare su infrastrutture digitali in grado di gestire applicazioni distribuite che rappresentano oggi uno straordinario elemento di riduzione del Time to Value. Allo stesso modo, anche la digitalizzazione di processi attraverso vere piattaforme digitali concorre fortemente a migliorare il rapporto tempo/valore così importante per affrontare sfide di competitività sempre crescenti.

VEMLive2022 è stata però soprattutto l’occasione per incontrare di persona Stefano Bossi e porgli alcune domande per fare un po’ il punto della situazione sia su VEM sia sul settore dell’IT in generale.

Com’è andato il fatturato del 2021 e quali sono le previsioni per il 2022?

Mi piace di più parlare di percentuali che di numeri in valori assoluto. Allora partiamo dall’anno scorso: il 2021 si è chiuso in crescita, ma con una crescita in percentuale è inferiore a quella del 2020 che è stato il vero anno del Covid-19. Il motivo è stato il problema dello shortage. Un dato indicava che stavamo lavorando molto bene,  il portafoglio ordini. L’anno scorso abbiamo raggiunto il record di order income nella storia di VEM, con una crescita del 15% in valore. Questo in un anno comunque condizionato dal Covid-19.

Un record di ordini che non sarà facile da battere quest’anno, ma è evidente che dobbiamo provare a farlo. Ora lo shortage si sta riducendo e se non peggiora l’elapsed time, cioè se non peggiorano i ritardi nelle consegne, quest’anno abbiamo la chance per avere un fatturato in crescita in doppia cifra rispetto al 2021, quando abbiamo avuto un giro d’affari di circa 63 milioni di euro. Non posso dare cifre precise, ma parlando di doppia cifra è facile capire a quale numero pensiamo di poter puntare.

Sembrerebbe che, per quanto evento tragico, la pandemia abbia giovato al vostro business.

In realtà, le aziende che sono il nostro target non hanno contribuito più di tanto. Secondo il nostro osservatorio, sono due gli ambiti che hanno ricevuto un boost dal Covid-19: cybersecurity e collaboration. Tra l’altro, sono strettamente legati uno all’altro. Infatti, nel momento in cui si spostano in smart working numerose persone in tempi brevissimi si aumenta la superficie d’attacco. Così molti hanno dovuto scegliere di partire senza potersi dotare di un adeguato livello di sicurezza IT.

Tuttavia, una gran parte dei nostri clienti aveva già acquisito quelle tecnologie. Chi non l’aveva era la piccola e piccolissima impresa, ma che noi ormai tendenzialmente non serviamo più. Le aziende con meno di 50 dipendenti sono molto fuori target.

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C’è però stata una ripartenza del mercato. Questo perché anche le aziende più grandi dimensioni, che sono riuscite ad affrontare l’emergenza durante la pandemia, hanno cominciato a valutare come comportarsi se la crisi fosse permanente o dovesse accadere di nuovo. Non solo, hanno anche considerato come poter far diventare strutturale il lavoro ibrido. È stata così avviata una serie di progetti per essere certi di riuscire a fronteggiare scenari limite, talmente radicali a cui nessuno avrebbe pensato in precedenza, come per esempio non avere nessuna persona in azienda. E di nuovo il tema della security è emerso come centrale. Così già l’anno scorso per la prima volta nella sua storia VEM non ha avuto come prima practice di fatturato il networking, ma la cybersecurity.

Si è parlato del progetto Digital Village. Di preciso in cosa consiste?

Il concept del Digital Village dovrebbe nascere entro il 2023. Si svilupperà su un’area adiacente all’headquarter VEM di Forlì e occuperà una superficie di 20.000 mq e l’edificabilità complessiva sarà di 10.000 mq. Sarà un un’occasione per avere più spazi per i nostri VEMers. Alla base c’è l’idea di creare un’alleanza di comunità, un aggregatore che sia un passo avanti rispetto a Vega.

Vega adesso va benissimo, però se si cominciano ad avere nuovi corsi di laurea, numerosi clienti presenti e vendor che vogliono fare gli eventi da noi lo spazio non basta più.

Quindi, Digital Village vuole essere un aggregatore sociale e culturale a disposizione comunque del territorio. Abbiamo in testa una forte componente di giving back.

In Vega non ci sono fisicamente spazi per creare laboratori che siano a disposizione di acceleratori e incubatori. Oggi all’università si aggregano ragazzi. Non sono ancora una start up, vorrebbero solo fare qualcosa, ma non hanno un luogo dove stare. Ci sono dei luoghi a cui mi sono ispirato, anche perché siamo fornitori di alcuni di questi luoghi. Ci siamo detti dobbiamo creare anche una casa che consenta ai ragazzi di accelerare l’intraprendere. Questo il vuol dire fornirgli delle facility, laboratori di semplice d’accesso, ma anche accesso alla conoscenza di un gruppo, come VEM Sistemi, cioè la possibilità di contaminarsi con noi. Questo vale sia come acceleratore sia come incubatore di startup.

Noi di start up ne abbiamo fatta una: si chiama Sertigo e oggi patrimonializzata molto più di aziende presenti da decenni nell’IT. Dobbiamo trovare un nostro modello, non è detto sia quello giusto in assoluto, ma quel tipo di modello funziona. E pensiamo che si possa portare sulla cybersecurity, in particolare sull’OT security: è una tecnologia di frontiera su cui noi stiamo investendo, ma serve di più. Dobbiamo assolutamente favorire questo tipo di alleanza, di comunità perché è un ecosistema.

VEM ha una forte presenza territoriale, ma ha mosso anche dei passi al di fuori dell’Emilia Romagna. Come pensate di procedere in futuro?

Abbiamo intenzione di crescere anche al di fuori della nostra regione. Desideriamo continuare nel nostro percorso. È inutile negare che per noi le piazze più difficili sono Milano e Roma, perché siamo da zero dappertutto. Attualmente abbiamo una presenza di rilievo nelle Marche e in Triveneto. Cioè per non esserci o esserci come azienda di microinformatica. Nel caso delle Marche rivestiamo un ruolo importante per il settore IT perché, come dicono molti clienti, ci siamo solo noi.

Nel Triveneto abbiamo iniziato la nostra attività a fine 2012, tentando di replicare quel modello di attaccamento al territorio che abbiamo in Emilia-Romagna. I primi 3-4 anni siamo cresciuti poco, poi siamo esplosi. Dal 2017 al 2019 siamo cresciuti del 300%. L’idea è di studiare bene questi due territori per crescere ancora, ma anche magari fare “il botto” anche crescendo per linee esterne.

Infatti, siete tra i pochi che ancora non hanno fatto acquisizioni…

In effetti non siamo proprio stati fermi. Abbiamo già fatto 13-14 valutazioni, ma io non ce la faccio a pagare o strapagare una realtà che è evidente che venga valutata una certa cifra solo perché c’è la moda delle acquisizioni.

Continueremo a cercare le mini VEM in quei luoghi dove abbiamo bisogno di crescere, sicuramente a Milano. Inoltre, cercheremo di sfruttare tutte le occasioni sulle mini VEM che possono essere un completamento o un rafforzo. Se continuano così le cose, credo che il 2023 ci possa mettere in condizione finalmente di fare delle acquisizioni.

C’è un altro tema, sempre legato alle acquisizioni, che non è semplice: è quello di trovare delle boutique tecnologiche piccole, ma con quella competenza che a VEM manca e che per acquisirla richiederebbe anni. Però per questo tipo di realtà sono chieste falle valutazioni veramente folli. Per fare un’acquisizione ci devono essere i presupposti di sostenibilità.

La nostra storia è quello che siamo e l’abbiamo scritta investendo nelle tecnologie, nella formazione, nei talenti, con i nostri clienti, cercando di perseguire una cultura di impresa sostenibile, innovativa e inclusiva. Uno degli elementi è proprio la sostenibilità finanziaria, cioè la crescita, anche attraverso le acquisizioni: ci deve essere il profitto.