Francesca Lerario, Managing Director Southern Europe, Ogury si domanda: quando i cookie scompariranno, quali saranno le alternative per gli inserzionisti?
Il settore dell’advertising sta affrontando sfide normative, etiche e tecnologiche senza precedenti che ne stanno determinando una profonda revisione. Le regolamentazioni più rigorose come il CCPA, la rinuncia degli utenti a condividere i propri dati per scopi pubblicitari e la dismissione dei cookie di terze parti stanno portando gli identificatori pubblicitari all’estinzione. I risultati contenuti nel recente studio internazionale condotto da IDC per Ogury mostrano che brand e agenzie di comunicazione stanno recependo il messaggio. Il 60% ritiene che i cookie e gli ID diventeranno obsoleti nel giro di poco tempo.
Quali saranno le alternative per gli inserzionisti
Tuttavia, trovo sorprendente che il 41% degli inserzionisti abbia solo una moderata, se non addirittuara alcuna familiarità con metodi di targeting diversi dai cookie o dagli ID. Ciò riflette chiaramente che le aziende di tecnologie innovative senza cookie devono evangelizzare i propri modelli. Anche se possono essere inizialmente difficili da comprendere per l’industria. Questa evangelizzazione è necessaria per gli inserzionisti affinchè possano facilmente riconoscere le soluzioni realmente cookieless, da quelle che semplicemente dichiarano di esserlo.
Le soluzioni prospettate
in effetti, un numero significativo di queste nuove soluzioni, tra cui gli ID unificati e il targeting basato su cohort,, si basa ancora sugli ID. Sembra una rivisitazione moderna del mito di Sisifo e del suo inutile tentativo di far rotolare il masso su per la collina. E credo davvero che questi fornitori tecnologici, nonostante le migliori intenzioni, troveranno estremamente difficile raggiungere la scalabilità necessaria per diventare la nuova risposta alla pubblicità basata sui cookie.
Gli ID unificati non sono scalabili
Queste soluzioni non possono essere interoperabili e il loro utilizzo isolato non offrirà ai marketer la scalabilità che desiderano ottenere. Sarebbe praticamente impossibile trovare un accordo su un unico standard comune per gli ID unificati dato che ogni operatore ha investito troppo per rinunciare alle proprie ambizioni di dominio del mercato. Anche se dovesse magicamente accadere, non risolverebbe comunque l’impossibilità di realizzare campagne globali su larga scala. Immagino a fatica un mondo in cui un brand internazionale accetti di firmare accordi multipli con questo mosaico di soluzioni basate sugli ID unificati per raggiungere migliaia utenti tra il suo pubblico.
Le alternative per gli inserzionisti quando i cookie scompariranno
Ora, immaginiamo un mondo in cui il problema dell’interoperabilità sia in qualche modo risolto. Anche nel migliore dei casi, gli ID unificati non avrebbero successo, perché gli utenti rifiutano in massa il tracciamento online. Oltre al tema della tracciabilità,, queste soluzioni basate sugli ID unificati non piacciono anche ad una larga fascia di editori. Essi ritengono che non sia vantaggioso condividere i dati dei propri utenti. Inoltre, l’impostazione Private Relay del browser Safari di Apple cripta gli indirizzi IP degli utenti, rendendo impossibile riconciliarli con gli ID univoci.
La pubblicità basata sulle cohort rappresenta anche un rischio per la privacy
Attraverso Google Topics, una soluzione che analizza la cronologia di navigazione degli utenti per proporre argomenti affini, Google è stata pioniera del targeting basato sulle coorti. In pratica, una coorte riunisce gli utenti in base alle loro abitudini di navigazione e assegna loro lo stesso cohort ID. Quindi, in termini relativi, questa tecnica si basa ancora sugli ID.
Il comportamento degli utenti
Ma la cosa più interessante è che il targeting basato sulle cohort, anche quando cattura il comportamento degli utenti a livello aggregato, alla fine raccoglie informazioni sugli utenti. E senza che questi ne siano pienamente consapevoli. Inoltre si basa sul tracciamento del loro comportamento digitale. Ritengo che la pubblicità basata sulle cohort semplicemente non elimini i rischi per la privacy degli utenti. Lasciando irrisolto il problema che il 60% degli inserzionisti considera il tracciamento degli utenti come una fonte di rischio reputazionale per i brand.
Targettizzare le personas, non le persone
Ecco quindi la buona notizia. Impiegando il targeting basato sulle personas anziché l’ADV basata sugli ID, i brand creeranno un paradigma a prova di privacy e di futuro. Coinvolgendo efficacemente i propri clienti su ogni livello di scala. In questo modo, sono certa che gli inserzionisti supereranno i loro problemi di scalabilità. Si allineeranno alle richieste dei consumatori e delle autorità di regolamentazione, compresa la CCPA. Invece di tracciare gli utenti online, la pubblicità basata sulle personas si concentra sulle destinazioni in cui gli utenti fruiscono dei contenuti. Sfruttando le survey che raccolgono milioni di punti di dati utilizzabili in merito all’audience per costruire delle personas rilevanti per un determinato brand.
Cosa desidera un brand
Supponiamo che un brand voglia definire le caratteristiche dell’audience di un’app di gioco. Interrogando direttamente gli utenti, otterrà una comprensione più approfondita di questo particolare pubblico. Ad esempio, sarà possibile capire la sua affinità con altri interessi oltre a quello del gioco online. Come per esempio il ciclismo, la cucina, gli animali domestici e così via. In questo modo il settore passa da una prospettiva incentrata sull’utente a una incentrata sul posizionamento. Così da offrire la scalabilità a cui gli inserzionisti sono abituati, soddisfacendo al contempo gli standard più elevati in materia di privacy dei consumatori.
Come sarà il futuro e quali saranno le alternative per gli inserzionisti
Lo studio IDC conferma che i brand e le agenzie media stanno iniziando a mettere in atto questo cambiamento. Alla domanda sui cambiamenti necessari in seguito all’eliminazione dei cookie di terze parti, il 32% degli intervistati ha dichiarato che cambierà alcuni fornitori di tecnologia di advertising con cui lavora attualmente. Tra questi, il 64% ha dichiarato che aumenterà i budget verso operatori che non raccolgono in alcun modo dati personali.
Se questi inserzionisti adottassero il personified advertising, si innescherebbe un movimento globale che ispirerebbe altri marchi ad abbandonare gli annunci basati sugli ID. In questo modo, gli inserzionisti potranno continuare a operare in modo efficiente senza sacrificare la scalabilità o mettere a rischio la privacy dei consumatori.