Optime: dai furbi della rete allo switch-off passando per il Social Commerce

Optime: dai furbi della rete allo switch-off passando per il Social Commerce con il Covid-19 che ha sparigliato un po' le carte.

Rossi di Optime: non si è corretti se fa affari con operatori senza scrupoli

Optime ha tenuto a Milano la sua assemblea generale annuale. Tanti spunti emersi che sono stati commentati e riportati alla ribalta da Davide Rossi, presidente Optime. Alcuni dati sull’elettronica di consumo a fonte Gfk. La tecnologia di consumo in Italia nel 2019 ha generato un valore di 16,8 miliardi di euro, registrando una decrescita di 1,9 punti percentuali rispetto al 2018. Il canale distributivo principale si conferma essere quello dei cosiddetti Electrical Retailer, che comprende tutti i negozi specializzati in elettronica di consumo (sia catene che gruppi d’acquisto grandi e piccoli) e che rappresenta il 54% del mercato a valore. Seguono i negozi specializzati (telefonia, informatica, fotografia, ecc…) che valgono il 29% e i mass merchandiser (ipermercati, supermercati, variety stores, cash&carry e pure player generalisti) che hanno un peso del 17%. Crescono le vendite online con un trend del +14,9% rispetto al 2018 e raggiungono una quota del 15,6% a valore, mentre soffrono le vendite “in store” che registrano una performance negativa (-4,5%). Confrontando il mercato italiano con quello dei principali Paesi europei emergono differenze significative.

Il settore dell’elettronica in Italia

La prima differenza riguarda la spesa media pro-capite: per l’Italia è di circa 278 euro e si tratta del secondo valore più basso (dopo la Spagna che registra 251 euro) tra i 5 Paesi più importanti e quasi la metà rispetto alla Germania dove la spesa media è di 543 euro. L’altra differenza importante è data dal peso delle vendite online per il quale l’Italia risulta essere in ritardo rispetto agli altri pur avendo tassi di crescita significativi; in Gran Bretagna le “Internet sales” valgono il 28,2%, in Germania il 32,4%, in Francia il 23,1% e in Spagna il 20,6%.

L’Italia è ancora indietro rispetto agli altri Paesi europei, sia in termini di spesa media pro capite sia per le vendite online. Come in tutti gli ambiti, anche nel mercato dell’elettronica l’emergenza Covid-19 abbia segnato una cesura secca tra gli stili di consumo precedenti e quelli attuali. Di pari passo con l’allentamento della situazione di emergenza molte situazioni vanno regolarizzandosi; certamente, l’auspicabile arrivo di un vaccino in quantità sufficienti segnerà un netto ritorno alle abitudini più consolidate. Ma gli esperti convengono nel ritenere che ci sarà una certa viscosità dei comportamenti e che alcuni dei cambiamenti portati dal Covid-19 tenderanno ad avere una tenuta stabile e non arretreranno anche una volta esaurita completamente la attuale crisi sanitaria.

Tra questi c’è un aumentato ricorso agli acquisti online: il periodo di lockdown per molti ha segnato il debutto in questa modalità di acquisto e per certi versi anche il superamento di alcuni blocchi di ordine culturale-procedurale. E se lo sviluppo del canale online era una circostanza prevedibile e auspicabile anche a prescindere dalla pandemia, va segnalato come una crescita troppo rapida, un vero e proprio boom, guidato da fatti esterni, si accompagni spesso a storture e derive non sempre auspicabili.

Purtroppo il passato, anche recente, ha dimostrato (come si può evincere anche da altri capitoli di questa Nota di Aggiornamento del Rapporto Optime) che sul canale online, proprio per la sua dematerializzazione, è più facile innestare attività illegittime, tossiche per il mercato e dannose per il consumatore. E un parco di consumatori più ampio e mediamente più vulnerabile costituisce certamente un terreno fertile per il fiorire di attività illegittime con le conseguenti distorsioni del mercato. Inoltre le attività commerciali con profili di illiceità operanti online sono per le Autorità Giudiziarie molto più difficili da identificare e tracciare; e soprattutto, come anche in questo caso largamente dimostrato da molti eventi di cronaca giudiziaria, la macchina della giustizia viaggia a una velocità non adeguata a quella delle attività illecite online.

Queste, proprio perché immateriali, nascono, operano e si dissolvono prima che gli inquirenti e la magistratura riescano ad accertare tutte le responsabilità e soprattutto, cosa rilevante per le truffe, prima che il maltolto non si disperda verso rivoli difficilmente ricostruibili. I canali online non vanno per questo demonizzati; anzi, meritano uno sviluppo sano e – a vantaggio soprattutto della clientela – più integrato possibile con il canale fisico, con prezzi che dovranno convergere e uniformarsi sempre di più. Ma non c’è dubbio che la vigilanza sui canali online debba essere rafforzata, con un auspicabile potenziamento dei reparti di Polizia Postale e con una Magistratura che si organizzi per garantire alle indagini legate ai reati su Internet sezioni dei tribunali capaci di operare in urgenza, in modo tale da riuscire a stare al passo con la velocità di tali fenomeni.

Occorre inoltre vigilare sulle nuove metodologie di contatto tra clienti e commercianti opachi: strumenti difficilmente tracciabili, come Telegram, sono sempre di più usati come sistema per perpetrare illeciti di tipo fiscale, se non addirittura vere e proprie truffe. Il monitoraggio si deve estendere anche a queste nuove forme di comunicazione e non fermarsi al semplice Web. In pratica, il potente strumento Internet, come sempre accade quando un’innovazione positiva penetra all’interno della società, porta con sé anche il proprio “lato oscuro”.

L’uso distorto dello strumento positivo Internet: una pratica che impone a chi vigila sul corretto andamento dei mercati, di affiancare nuove competenze investigative a quelle consuete, per evitare che i danni delle condotte illecite, oltre che essere rivolti direttamente alla collettività a causa del mancato gettito fiscale, finiscano per tradursi anche nella mancanza di condizioni di competitività per le aziende sane del comparto. Le vicende correlate al Covid-19 hanno anche cambiato anche il rapporto dei cittadini con la casa. Le persone si stanno dimostrando maggiormente propense a “vivere” la casa e non più solo ad “abitarla”, anche dopo l’allentamento del lockdown. Inoltre, se a questo aspetto si somma la complessità di viaggiare, è evidente che la maggior parte delle persone con accesso a una seconda casa di villeggiatura è portata a utilizzarla in maniera più frequente e per periodi più lunghi. Questi aspetti sono suggestivi di una nuova focalizzazione sul buon vivere in casa e quindi anche su una maggiore qualità degli elettrodomestici, grandi e piccoli, e sulle dotazioni tecnologiche a supporto del tempo passato in casa. Già nelle ultime settimane si sta osservando una ripresa degli acquisti di apparecchi destinati al comfort domestico, mentre quelli riferibili alla comunicazione attraverso la rete, i computer portatili primi fra tutti, non si sono mai fermati e si apprestano a segnare un anno record di vendite, con una domanda che si prevede sostenuta anche nei prossimi mesi. L’inizio del nuovo anno scolastico, con i rischi che si torni alla didattica a distanza forzata, segnerà un nuovo picco di domanda. Sono inoltre in cantiere iniziative di supporto da parte del Governo. Il rischio che i mesi invernali, per una recrudescenza del Covid-19, si torni anche a favorire il tele-lavoro, porta nella stessa direzione.

Switch-off della TV digitale terrestre

Lo switch-off del digitale terrestre entrerà nella sua fase chiave a settembre del 2021 per concludersi pochi mesi dopo, a giugno del 2022: entro tale data i TV che andranno “a nero” saranno decine di milioni in Italia. Il tasso di sostituzione attuale dei TV, malgrado alcuni incentivi statali, sta correndo alle velocità consuete (circa 4 milioni di apparecchi TV all’anno e un numero ancora troppo basso di decoder), assolutamente non adeguate al ricambio che sarà indispensabile a ridosso dello switch-off.

Si potrebbe arrivare alle scadenze del piano di commutazione dei segnali, non derogabili a causa della vendita delle frequenze agli operatori di telecomunicazione per l’esercizio del 5G, anche in questo caso con un eccesso di domanda rispetto alla merce disponibile e alla capacità dei canali normalmente deputati alla sua commercializzazione.

Parallelamente altre categorie di prodotto non brillano e subiranno un certo impatto anche per tutti i prossimi mesi: tipicamente quelle riferibili alle attività outdoor, alla fotografia e per certi versi anche il settore della telefonia mobile, che in questi anni ha trainato il mercato. Queste condizioni di turbolenza, con alcuni settori in forte crescita e altri in sofferenza, porteranno probabilmente a una chiusura a saldi invariati per il mercato, ma potranno creare situazioni da vigilare con attenzione. Infatti, l’improvviso aumento della domanda in particolari ambiti porta come prima conseguenza la carenza di prodotto attraverso i canali ufficiali (come già successo in questi mesi con i PC); la reazione successiva del mercato è quella di fare emergere venditori non specializzati che, in via occasionale si improvvisano operatori del settore, assortendo alcuni articoli.

Ma, essendo in una fase di carenza di prodotto, le strade normalmente scelte da questi operatori, spesso anche inesperti riguardo alle normative di settore, portano a lotti di merce di importazione parallela: frequentemente si tratta di prodotti non adeguati alle specifiche tecnologiche italiane e comunque non sempre in regola con gli adempimenti fiscali e normativi vigenti nel nostro Paese (come per esempio il compenso per copia privata SIAE).

Peraltro l’esperienza insegna che situazioni di questo tipo portino sul mercato prodotti non sempre tecnologicamente adeguati alle aspettative dei consumatori; i quali, soprattutto, se non esperti, rischiano di acquistare prodotti pensati per mercati meno avanzati del nostro e quindi di fatto dei “nuovi-già vecchi”.

Le nuove etichette energetiche

Nella complessità dello scenario attuale, va anche presa in considerazione l’introduzione delle nuove etichette energetiche che riguardano tutti i principali elettrodomestici e i TV. Il debutto delle nuove etichette è previsto dalla normativa per il prossimo 1 marzo 2021 e i rivenditori avranno due settimane per esporle; successivamente, a partire dal 1 dicembre 2021 non sarà più possibile commercializzare i modelli con la vecchia etichetta. Le criticità da affrontare sono diverse soprattutto in considerazione del fatto che le nuove etichette portano con sé una maggiore “severità” nell’identificazione della classe energetica.

Questo vuol dire che spariranno tutte le classi “+” o quelle “AAA” e si tornerà alla nomenclatura secca A-G, con un conseguente peggioramento apparente di classe. In pratica un apparecchio oggi in classe A+ potrebbe diventare un classe C sulla nuova etichetta, pur mantenendo inalterati i propri consumi. In questo contesto, disattendere o ritardare l’esposizione delle nuove etichette energetiche potrebbe in qualche modo confondere il consumatore e spingerlo all’acquisto di prodotti obsoleti o comunque che promettono, senza poterle mantenere, prestazioni migliori di altri apparecchi presenti in negozi che si attengono ai dettami di legge.

Il rischio è quindi che rivenditori, fisici o online, magari non così in vista, cerchino di trarre vantaggio dal mancato adeguamento alle modificate normative di legge per vendere prodotti obsoleti e non più commercializzabili a norma di legge a prezzi scontati, danneggiando così rivenditori onesti e consumatori in buona fede.

Da questo punto di vista è importante che questo passaggio delicato venga ben vigilato dalle autorità competenti per garantire che tutti i canali, anche quelli meno visibili, si adeguino alle nuove normative nei tempi stabiliti. Ma è impensabile cercare di arginare eventuali condotte scorrette solo con la repressione: un ruolo fondamentale deve essere affidato all’informazione del consumatore finale, che deve imparare per tempo a riconoscere le nuove etichette e a pretenderne la presa visione prima dell’acquisto.

Il Social Commerce

Secondo i dati divulgati dalla Casaleggio e Associati, gli utenti dei social media a livello globale sono aumentati del 9,2% rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 3,8 miliardi, di cui 3,75 miliardi attivi da mobile. Negli ultimi due anni il traffico proveniente dai social sui siti e-commerce è cresciuto del 110%. In Italia le persone che utilizzano i social media sono 35 milioni (il 58% della popolazione), come lo scorso anno.

Il social commerce – ovvero la possibilità di effettuare acquisti e di anche ovviamente di vendere, tramite piattaforme social – cresce ovunque. A livello mondiale Facebook risulta ancora il social con più utenti, per la precisione 2,4 miliardi, e registra un incremento del +7,8% degli utenti attivi dal 2019.

Il marketplace è accessibile agli utenti di oltre 50 Paesi. A livello globale YouTube si posiziona al secondo posto tra i social più utilizzati, con 2 miliardi di utenti. Proprio sulla piattaforma video a fine 2019 Google ha reso disponibili le Shopping Ads per gli e-commerce: annunci che saranno pubblicati insieme ai video, sulla base degli interessi degli utenti o del loro storico di acquisti online, e che in caso di clic porteranno l’utente su pagine con i dettagli del prodotto. Instagram, con 1 miliardo di utenti in tutto il mondo e 500 milioni di persone che utilizzano le stories, continua a cavalcare il trend dello “shoppable content”, e dopo il tag dei prodotti sui post, nel 2019 ha lanciato la funzionalità Checkout. In fase di test solo per alcuni merchant negli Stati Uniti, la feature permette di effettuare acquisti inapp inserendo su Instagram i dettagli per il pagamento.

Al momento non sono stati registrati casi che abbiamo riguardato prodotti di elettronica, ma la vigilanza dell’Osservatorio Optime resta alta anche su questo fronte. Gli elementi di preoccupazione restano numerosi e si aprono ulteriori fronti che sarà necessario affrontare con la massima attenzione e determinazione. L’emergenza sanitaria e l’emergenza economica che ne consegue non possono e non devono essere un alibi per rinvii o peggio per ingiustificabili tolleranze verso fenomeni di illegalità. Così come è da rigettare il concetto di “evasione fiscale di necessità”, è importante che gli operatori seri non si prestino ad essere utilizzati da imprenditori senza scrupoli per le proprie attività truffaldine.

Il riferimento è ovviamente alle grandi piattaforme di intermediazione che rischiano di veicolare prodotti pericolosi, non conformi o contraffatti. Su questo registriamo positivamente l’impegno di alcuni operatori che hanno posto in essere sistemi di controllo preventivo per tutelare i consumatori dal rischio di acquistare materiali che potrebbero danneggiare la salute o comunque rappresentare una frode essendo non originali.

È, però, ancora troppo poco. Le forme di evasione dell’IVA e delle tasse di scopo ambientali (eco-contributi), nonché la mancata corresponsione del compenso SIAE per copia privata, sono elementi di forte turbamento del mercato e contro esse serve una reazione adeguata. La responsabilizzazione delle piattaforme marketplace (ad oggi esclusa dalla Direttiva Europea sul commercio elettronico che risale a 20 anni fa) appare come l’unica via per porre rimedio a queste distorsioni.

Si può quindi affermare che mentre l’esenzione si applica alle piattaforme che limitano i propri servizi all’offerta di un server che consente al professionista di configurare il proprio negozio online, non si applica alla maggior parte delle offerte di marketplace, in quanto queste offrono servizi che vanno ben oltre il mero hosting di informazioni. Alla luce di queste sentenze quindi, in linea teorica, sarebbe già oggi possibile coinvolgere le piattaforme in procedimenti riguardanti comportamenti scorretti posti in essere da parti terze ospitate nei marketplace.

Optime proseguirà nella analisi di queste problematiche offrendo le proprie competenze anche alle Istituzioni ministeriali e parlamentari, oltre che ovviamente alla stessa SIAE e a tutte le parti danneggiate, al fine di trovare ogni possibile strada che consenta di pervenire ad una situazione nella quale l’hashtag #stessomercatostesseregole, mirabilmente sintetizzato dal presidente della Confcommercio Carlo Sangalli, si trasformi in una realtà per tutti gli operatori del mercato dell’elettronica.