
IBM ha riunito a Milano i suoi partner per parlare di innovazione, collaborazione e crescita. L’IBM Partner Ecosystem Summit Italy è stata l’occasione per valutare le sfide attuali e capire come affrontarle insieme per trasformarle in opportunità.
Per noi è stata un’opportunità per incontrare Patrick Bauer, VP Partner Ecosystem, uno dei vertici di IBM in tema canale. Con lui abbiamo fatto il punto sull’ecosistema dei partner, cercando di delineare come l’evoluzione di AI e cloud, ambiti su cui IBM è fortemente focalizzata, potrebbe incidere sul modo di fare impresa insieme alle terze parti.
Un pilastro strategico del modello di business
“Già dieci anni fa dicevamo che l’ecosistema era importante per IBM, ma, forse, allora lo dicevamo senza mettere in campo davvero tutte le azioni giuste dietro a quelle parole”. Così si esprime Patrick Bauer, che puntualizza come, invece, oggi quelle parole hanno trovato piena concretezza: l’ecosistema non è più uno slogan, ma un pilastro strategico del modello di business, che negli ultimi due, tre, quattro anni ha cambiato profondamente volto. Collaborare con i partner non è più un’opzione accessoria: è una scelta consapevole e strutturale per sostenere crescita, innovazione e trasformazione digitale.
All’interno di questo ecosistema rinnovato, IBM ha individuato tre grandi famiglie di partner: resale, build e service. “All’inizio, l’ecosistema era soprattutto focalizzato su quello che chiamavamo il resale tradizionale, quindi i partner che rivendevano”. Questo modello, sostenuto storicamente da un portafoglio hardware e infrastrutturale consolidato, resta tuttora centrale: in Europa, circa il 90% del business Power e Storage transita infatti dal canale indiretto. Ma la vera svolta è nella spinta decisa verso le altre due dimensioni: build e service.
I partner build sono quelli che incorporano tecnologie IBM nelle proprie soluzioni, diventando co-creatori di valore attraverso piattaforme, applicazioni verticali e servizi. “E poi c’è un altro aspetto che ora è davvero più importante rispetto al passato: lavorare con le grandi società di servizi, quindi i system integrator e le società di consulenza”. Questi partner, classificati sotto la categoria service, assumono oggi un ruolo strategico: aiutano a scalare progetti complessi, accelerano la modernizzazione delle architetture IT e accompagnano le imprese nei percorsi di trasformazione.
Dall’hardware al software, passando per gli AS/400
La trasformazione non riguarda solo la struttura dell’ecosistema, ma anche la natura stessa del business: dall’hardware verso il software, che richiede un approccio più progettuale, fatto di integrazione, implementazioni e servizi a valore aggiunto. “È un tipo di business diverso, perché di solito coinvolge più servizi da parte dei partner, è legato a progetti, a implementazioni del software. Quindi, è una sfida diversa rispetto al passato”.
Un caso emblematico è il mercato italiano, che ospita una delle installazioni AS/400 più ampie al mondo. “Quindi, chiaramente, quella è sempre stata un’opportunità per lavorare con gli ISV sulle applicazioni. Ma è anche un’opportunità per la modernizzazione delle applicazioni. E forse c’è anche un’opportunità legata all’AI”. Qui i partner hanno un ruolo decisivo nel guidare l’evoluzione di ambienti legacy verso modelli più moderni, integrati con cloud ibrido e intelligenza artificiale.
Mosse strategiche mirate
Per capire la direzione strategica, occorre guardare anche alle mosse societarie più recenti. La nascita di Kyndryl, frutto della cessione del business infrastrutturale, ha segnato la volontà di concentrare le risorse su aree più core, mentre l’acquisizione di Red Hat ha confermato l’impegno di IBM sul cloud ibrido. “Ora investiamo soprattutto in pezzi del portafoglio software, che o sono tecnologie di frontiera o che completano la nostra offerta in due aree chiave: nel cloud ibrido o nell’AI”.
Nonostante il grande interesse verso l’AI generativa, IBM ha concentrato gli investimenti più sostanziali su integrazione e automazione, considerate fondamentali per generare valore immediato e concreto. “L’AI arriverà ma siamo ancora agli inizi. Tuttavia, funziona davvero se si integra il backend e se si automatizzano i processi aziendali. Ed è lì che stiamo investendo”.
Un nuovo approccio commerciale
Tra le acquisizioni recenti più significative spiccano webMethods di Software AG per l’integrazione, Apptio per il FinOps, HashiCorp con soluzioni come Vault per gestire “segreti” (come password o certificati) Terraform per l’automazione, e KubeCost per ottimizzare i costi Kubernetes. “Credo che l’idea sia andare insieme all’ecosistema in quest’area di automazione e integrazione”. L’obiettivo è fornire ai partner strumenti per sviluppare soluzioni sempre più a valore, capaci di rispondere a sfide reali dei clienti.
Questo cambiamento ha trasformato anche l’approccio commerciale. “Nel passato forse ci saremmo presentati dicendo: guarda il nostro portafoglio, abbiamo questi prodotti, perché non ne prendi alcuni e li porti sul mercato?”. Oggi IBM preferisce partire dalle competenze distintive dei partner per costruire percorsi di innovazione mirati. “Se un cliente lavora soprattutto su infrastruttura di base o su data center, non gli proporremo subito un progetto di AI generativa. Ha più senso puntare su prodotti come quelli di HashiCorp o investire in capacità FinOps, cloudability e così via”.
In sintesi, la nuova strategia IBM si fonda sulla capacità di “calare queste novità dove hanno più senso per i partner, in base a dove sono già forti, e costruire da lì”. Un approccio concreto e pragmatico, che valorizza l’esperienza esistente nell’ecosistema per trasformarla in una leva di crescita sostenibile e innovativa.