
Le conclusioni del sondaggio di Federprivacy testimoniano che per governare l’AI l’etica non è più sufficiente, ma sono necessari controlli e presidio della legalità. Se molti vedono l’intelligenza artificiale come un’opportunità, d’altra parte gli esperti temono che possa sfuggire di mano, come il Premio Nobel per la fisica Geoffrey Hinton: “L’AI è come una tigre. Da cucciola sembra innocua, addirittura affascinante. Ma crescerà. E a meno che non siate certi che non vorrà uccidervi, dovreste preoccuparvi.”
Federprivacy – L’importanza di governare l’AI
Non mancano quindi le preoccupazioni per gli impatti che avrà l’intelligenza artificiale nei prossimi anni. Secondo il sondaggio il 63% degli addetti ai lavori ritiene che promuovere un uso etico dell’intelligenza artificiale abbia la priorità per favorire la sostenibilità della società digitale. Ma tutto crede fuorché ci si possa affidare solo all’etica. In 7 anni di GDPR le autorità europee hanno inflitto più di 2.500 multe per un ammontare di oltre 6 miliardi di euro senza intravedere un cambio di rotta significativo. Il 73,9% dei professionisti pensa però che non occorra cambiare gli attuali profili sanzionatori, bensì farli rispettare in modo più efficace.
Cosa pensano i professionisti intervistati
Piuttosto, il 43,2% di essi vorrebbe un numero maggiore di attività ispettive del Garante e della Guardia di Finanza a presidio della legalità. E a differenza di quello che possono pensare i cittadini che vedono minacciata la loro privacy come mai prima, il 63,5% dei professionisti afferma che dal 2018 ad oggi la situazione è comunque migliorata. Ciò grazie alle sanzioni più severe che sono state introdotte dal Regolamento UE sulla protezione dei dati.
Perché l’etica non basta più per governare l’AI
Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy
Si parla tanto di etica per affrontare le sfide dell’intelligenza artificiale. Attualmente essa costituisce un principio troppo astratto per offrire una guida concreta per lo sviluppo della società digitale. È quindi comprensibile che la comunità di addetti ai lavori invochi punti riferimento più concreti come il rispetto delle regole.E i risultati del sondaggio mostrano obiettività e coerenza. Infatti non chiedono una società digitale basata esclusivamente sulla privacy solo perché una manciata di Big Tech non la rispetta come dovrebbe. Ben il 78,3% indica la necessità di trovare un equilibrio per conciliare i diritti fondamentali con l’innovazione, e questo non dovrebbe andare a discapito delle piccole realtà imprenditoriali.
Federprivacy e il ruolo della Commissione Europea
Al riguardo, se le semplificazioni proposte dalla Commissione Europea non si stanno rivelando le agevolazioni tanto attese, il 56,9% dei professionisti riconosce che il GDPR ha effettivamente introdotto regole uguali per tutti. però lamenta che esso avrebbe dovuto agevolare maggiormente le micro, piccole e medie imprese, che costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano.
Utilizzo sicuro e responsabile per governare l’AI
Paola Casaccino, docente di diritto di internet e tutela dell’innovazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore
Le piccole aziende non possono permettersi né di dedicare budget importanti alla privacy né di assumere un Data Protection Officer. Se non adottano le dovute contromisure rischiano sia di esporsi a sanzioni che di perdere competitività.Le soluzioni più efficaci per la compliance GDPR vengono proprio dagli strumenti di intelligenza artificiale, che sono in grado di far risparmiare a un professionista fino a 12 ore di lavoro settimanali. Nella società che sta cambiando profondamente, concentrarsi solo sulle criticità dell’AI e rifiutarsi di avvalersene sarebbe come intestardirsi di voler continuare a fare i conti con carta e penna mentre gli altri usano la calcolatrice.