Metodologia rigorosa, solida gestione dati ed efficace integrazione in ambienti IT preesistenti per ridefinire operatività, modelli di business e accelerare la trasformazione: Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager di Axiante, spiega come fare un uso davvero strategico dell’AI.
Da strumenti per l’ottimizzazione a motori di profondo cambiamento strategico: la rapida evoluzione ha trasformato radicalmente il ruolo di intelligenza artificiale e machine learning. Oggi la sfida per i partner è traghettare le imprese da interventi di efficientamento mirato alla ridefinizione dei loro modelli di business, affrontando problematiche complesse tramite servizi e soluzioni innovative che creino valore. Una sfida che ha indotto una realtà come Axiante ad abbandonare la tradizionale figura del system integrator per assumere quella del Business Innovation Integrator. Con Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager di Axiante, abbiamo approfondito la visione dell’azienda su quei temi che sono cruciali per le imprese al fine di acquisire un vantaggio competitivo in tempi rapidi.
Ricerca dell’efficienza operativa o creazione di nuovi modelli di business: qual è l’approccio strategico di Axiante all’intelligenza artificiale?
Il nostro approccio alla dicotomia tra efficienza operativa e creazione di nuovi modelli di business è essenzialmente bimodale. Nella pratica, anche se l’obiettivo ultimo è la trasformazione, Axiante parte generalmente dall’efficienza operativa. I progetti o le applicazioni iniziali mirano al miglioramento di un processo specifico. Tuttavia, l’introduzione di un elemento di tecnologia o un’attività di efficientamento in un processo esistente abilita una trasformazione.
In che modo l’efficientamento operativo si trasforma in una vera leva di cambiamento del modello di business?
Misurato inizialmente come un semplice miglioramento di processo, l’efficientamento innesca in realtà un cambiamento di paradigma. Per esempio, nei processi come la pianificazione o la gestione del pricing strategico nel mondo B2B, l’efficientamento abilitato dal machine learning e dall’AI consente di instaurare dinamiche personalizzate per il singolo cliente. Questo è un cambio di paradigma significativo rispetto al tradizionale listino o alle griglie di sconti.

Dall’efficienza alla trasformazione, il ruolo dell’AI
L’efficientamento iniziale agisce, quindi, da catalizzatore che stimola e abilita una trasformazione del modello di business. È in quel momento che l’AI smette di essere solo un intervento tecnologico per diventare un intervento sul processo e sull’organizzazione. Un software per il pricing personalizzato, infatti, richiede anche un’organizzazione che approcci e assista i clienti in quel modo. Solo se l’AI riesce a realizzare questa evoluzione del business, diventa una vera e propria leva competitiva e di valore di lungo periodo e non di breve.
Come si realizza un vantaggio competitivo duraturo attraverso l’AI?
L’AI si trasforma in leva competitiva nel momento in cui diventa un fattore di differenziazione, ovvero quando si innesca un ciclo virtuoso. Il primo requisito di questo ciclo è una data platform consistente. Non si tratta di riproporre il tradizionale data warehouse come sola sorgente della verità, ma un’unica piattaforma dove i dati sono raccolti, verificati, sistemati, controllati e resi disponibili per gli utenti di business o i data scientist.
La definizione di una data strategy efficace non si esaurisce nella scelta della piattaforma tecnologica, che sia un data lake, una lakehouse o un’architettura ispirata ai principi del data mesh. La strategia richiede un processo che mischi le competenze, la definizione dei ruoli, le responsabilità e le policy: in breve, la data governance e la data ownership, con la parte tecnologica. Il tema centrale è capire l’esigenza specifica del business e innestare l’architettura e le persone corrette.
Quali sono i passaggi cruciali, oltre la scelta tecnologica, per creare una data platform e una cultura del dato efficace in un contesto aziendale spesso strutturato in silos?
La logica della data platform è proprio quella di superare il problema dei silos. L’armonizzazione dei dati in un unico punto non implica l’eliminazione delle caratteristiche originali del dato alla sorgente, ma permette di costruire dinamicamente una visione completa interrogando dati strutturati o destrutturati provenienti da diverse origini. Questo è fondamentale in settori complessi come per esempio la sanità, dove un paziente è spesso frammentato nei silos dei diversi reparti. In questi casi, la capacità di interrogare l’intera storia clinica in un unico punto è essenziale per l’elaborazione di una diagnosi o di un piano terapeutico efficace.

L’intelligenza artificiale accelera la trasformazione digitale
Come si affronta l’implementazione in contesti IT già consolidati?
L’approccio non deve essere distruttivo. È inaccettabile chiedere a un cliente di accantonare gli investimenti recenti per ricominciare da zero. Bisogna invece lavorare sui layer di integrazione. Questi spaziano dal puro dato (sulla data platform) all’integrazione semantica (costruire modelli su feature valide già esistenti) fino all’integrazione applicativa sull’ultimo miglio. Quest’ultima consiste, per esempio, nel realizzare una user interface che si integra con le API esposte dai modelli esistenti, rendendo il dato navigabile e fruibile all’utente finale, senza che debba conoscere la complessità del modello.
In un’epoca in cui la velocità è strategica, come Axiante può garantire il rapido ed efficace completamento di un progetto?
Per quanto riguarda la metodologia, è fondamentale sconfiggere la paralisi da analisi e l’attesa per la tecnologia perfetta. In tal senso, quando possible non si deve iniziare da un POC (proof of concept) generico, ma da un MVP (minimum viable product) focalizzato. Bisogna partire da un caso d’uso concreto dove i dati sono già disponibili e fissare un KPI di successo chiaro e misurabile. Per esempio, citando un progetto che abbiamo appena concluso, realizzare un modello automatico di previsione della domanda in otto settimane con l’obiettivo di migliorare la forecast accuracy del 5%. Se la soluzione funziona su quel caso d’uso, non è un POC da rifare, ma una parte funzionante da espandere.
Da non sottovalutare poi che per il successo di un progetto si dovrebbe far affidamento su un adeguato bagaglio di competenze, ovvero si dovrebbe avere un team che include data scientist (per la tecnica), data engineer e data architect (per i dati solidi), esperto di dominio (per i processi di business) e change manager. Quest’ultima figura è basilare per abilitare un proficuo dialogo tra il mondo tecnico con quello del business, gestendo la delicatezza del coinvolgimento di entrambi sul risultato.
Trasformazione digitale: in un progetto di successo come si misura il ROI?
Il ROI e l’impatto economico devono essere misurati su tre livelli di KPI: operativi (se il modello funziona), economico-finanziari (l’impatto sul capitale circolante o sui costi) e di adozione e governance (l’accettazione da parte degli utenti). Il ROI deve essere nell’ordine dei mesi, non degli anni. Per un progetto di due mesi, ci si aspetta di vedere l’effetto in qualche settimana o al massimo in altri due o tre mesi.
È fondamentale misurare l’effetto rispetto a una baseline preesistente e stabilire un ciclo di misurazione continua per verificare che il modello continui a operare in modo ottimale. Settori come retail/GDO e manifatturiero sono quelli che hanno mostrato il maggiore interesse per queste tematiche, dove il principale cambiamento abilitato dall’AI è la realizzazione di un piano affidabile in tempi particolarmente rapidi, consentendo quindi di reagire più velocemente alle perturbazioni del mercato, ormai quanto mai frequenti.






