
Negli ultimi anni, la digitalizzazione della PA italiana ha conosciuto una spinta significativa, favorita in gran parte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal più recente Piano Triennale per l’informatica nella PA 2024–2026 elaborato dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Quest’ultimo, di cui il Piano 2024-2026 costituisce l’ultimo aggiornamento, si inserisce nel più ampio contesto di riferimento definito dal programma strategico “Decennio Digitale 2030”, istituito dalla Decisione (UE) 2022/2481 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022, i cui obiettivi sono articolati in quattro dimensioni: competenze digitali, servizi pubblici digitali, digitalizzazione delle imprese e infrastrutture digitali sicure e sostenibili.
Per quanto riguarda la Pubblica amministrazione, il traguardo è ambizioso: trasformarla radicalmente per renderla più moderna, efficiente, accessibile e, soprattutto, in grado di rispondere ai bisogni di cittadini e imprese in modo proattivo e trasparente. Ma a che punto siamo davvero in questo percorso? E quali sono le reali opportunità per vendor e partner tecnologici chiamati a collaborare con la PA?
Quadro normativo sempre più chiaro
L’avvio del PNRR ha rappresentato un vero spartiacque per la digitalizzazione della PA. Sono stati destinati 9,75 miliardi di euro alla Missione 1, Componente 1, specificamente rivolta all’innovazione della Pubblica amministrazione. Questa ingente dotazione ha dato origine a numerosi avvisi pubblici e bandi destinati a enti locali, regioni e ministeri, con l’obiettivo di stimolare l’adozione di servizi digitali, infrastrutture cloud, soluzioni di cybersecurity e sistemi interoperabili.
Il tutto è stato incorniciato da un impianto strategico solido e coerente, sintetizzato nel citato Piano Triennale per l’informatica nella PA. Tale piano delinea cinque macro-ambiti di intervento che rappresentano la spina dorsale della trasformazione:
- la creazione di servizi pubblici digitali semplici, accessibili e orientati al cittadino;
- il rafforzamento e l’espansione delle piattaforme abilitanti già esistenti, come SPID, CIE, PagoPA e App IO;
- la migrazione delle infrastrutture verso il cloud e la razionalizzazione dei data center pubblici;
- lo sviluppo delle competenze digitali tra i dipendenti pubblici;
- la definizione di un modello di governance capace di garantire l’interoperabilità e lo scambio sicuro dei dati tra le amministrazioni.
Progressi tangibili
Con quasi 54.000 progetti avviati e il coinvolgimento del 99% dei comuni italiani, la digitalizzazione della Pubblica amministrazione locale segna oggi una fase di maturazione decisiva. A delineare questo scenario è il primo rapporto Mappa dei Comuni Digitali, pubblicato lo scorso 16 luglio e frutto della collaborazione tra il Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD) e ANCI. Il documento fotografa i risultati raggiunti grazie agli investimenti del PNRR – in particolare quelli della Missione 1 Componente 1 –, ma individua anche i principali ostacoli che ancora rallentano la piena transizione al digitale.
Tra gli interventi più incisivi emerge la migrazione al cloud: il 96% dei comuni ha aderito all’iniziativa, con il 68% che ha completato la transizione e il 70% che ha avviato la dismissione dei server locali. Parallelamente, il 90% dei comuni ha aderito alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) e il 92% ha avviato l’integrazione con l’Archivio Nazionale dello Stato Civile.
Nel campo dei servizi, la digitalizzazione della PA ha migliorato l’accessibilità per cittadini e imprese. Il 73% dei comuni gestisce pagamenti prevalentemente online e oltre 6.500 enti stanno aggiornando i propri siti web secondo standard unificati. Anche l’uso delle piattaforme abilitanti è in crescita costante. SPID e CIE sono ormai ampiamente utilizzati dai cittadini per accedere ai servizi online: a fine giugno 2025, le identità SPID emesse erano 40,76 milioni mentre, mentre le carte di identità elettroniche sfioravano i 40 milioni a fine 2024. Inoltre, l’App IO ha superato i 40 milioni di download, diventando un canale privilegiato per l’interazione tra amministrazioni e utenti finali. In parallelo, sono stati rilasciati nuovi servizi nativi digitali, come l’anagrafe digitale nazionale, i sistemi per i pagamenti elettronici tramite PagoPA e il Fascicolo Sanitario Elettronico potenziato (FSE 2.0).
Le criticità: risorse umane, disomogeneità e gap digitali
Nonostante i progressi, il percorso è tutt’altro che concluso. I dati mettono in evidenza forti disparità tra grandi città e piccoli comuni: solo il 43% dei comuni sotto i 5.000 abitanti dispone di linee di backup e connessioni internet adeguate. Inoltre, la carenza di personale tecnico specializzato rappresenta una delle principali barriere strutturali: nei comuni più piccoli, la figura del Responsabile dei Sistemi Informativi è spesso ricoperta da profili amministrativi, non tecnologici.
Anche la semplificazione dei processi interni non è uniforme: solo il 38% dei comuni dichiara di aver completamente semplificato i procedimenti in seguito alla digitalizzazione, mentre il 19% non ha ancora attuato alcuna revisione.
Il futuro della PA digitale passa ora da tre direttrici: rafforzamento delle competenze interne, reingegnerizzazione dei processi e piena interoperabilità tra le amministrazioni. Programmi come l’Accademia dei Comuni Digitali – lanciata nel 2024 – mirano a colmare il gap formativo, in particolare su temi cruciali come la cybersicurezza, ancora trascurata nel 20% dei comuni.
Le opportunità per vendor e partner
Dallo stato attuale delle cose risulta evidente come il processo di digitalizzazione della PA rappresenti ancora un’importante opportunità per il mercato privato, che viene chiamato a collaborare attivamente nella progettazione e nella fornitura di soluzioni tecnologiche. La PA è sempre più propensa a ricorrere a soluzioni as-a-service, superando il vecchio modello delle forniture “una tantum”. I fornitori di servizi cloud, gli sviluppatori di software, gli integratori di sistemi e le startup innovative trovano oggi ampio spazio d’azione in settori strategici come la migrazione verso il cloud, la protezione informatica delle infrastrutture, lo sviluppo di servizi digitali centrati sull’utente, l’interoperabilità dei dati pubblici e la formazione del personale.
Il catalogo dei servizi e delle soluzioni cloud qualificate redatto da AgID, così come i nuovi strumenti di acquisto digitale attraverso piattaforme come il Mercato Elettronico della PA (MePa) e le convenzioni Consip per il mercato digitale, favoriscono una maggiore apertura, abbattendo barriere burocratiche e ampliando la platea dei potenziali fornitori. Inoltre, si rafforza il modello della co-progettazione pubblico-privato, che prevede la partecipazione attiva di vendor e partner sin dalle fasi iniziali dei progetti, facilitando l’integrazione tecnologica e l’efficacia delle soluzioni implementate.
Margini di crescita
Le aziende del settore ICT che intendono proporsi come partner della PA devono orientarsi verso soluzioni verticali e modulari, pensate per adattarsi ai diversi contesti amministrativi, e in linea con gli standard indicati da AgID e dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. È essenziale offrire prodotti e servizi flessibili, scalabili e facilmente integrabili, con modelli contrattuali agili e sostenibili.
Un elemento differenziante è la capacità di agire non solo come fornitori, ma come consulenti del cambiamento, in grado di affiancare le amministrazioni nel percorso di trasformazione digitale. In tal senso, cruciale risulta l’investimento in ricerca e sviluppo, soprattutto per riuscire a realizzazione soluzioni basate su intelligenza artificiale, capaci di automatizzare i processi, migliorare l’esperienza utente e abilitare nuovi servizi predittivi. Le tecnologie emergenti, come il machine learning, i sistemi semantici e gli assistenti virtuali intelligenti, stanno aprendo scenari promettenti, ancora poco esplorati all’interno di gran parte della PA.
Coinvolgimento strategico
La digitalizzazione della PA italiana è sostenuta da politiche pubbliche ambiziose, rilevanti risorse economiche e un contesto normativo favorevole. I risultati raggiunti finora sono incoraggianti, ma l’obiettivo finale non è dietro l’angolo e per raggiungerlo serve uno sforzo sistemico in modo da garantire omogeneità, qualità e sostenibilità nel lungo periodo.
Il coinvolgimento attivo di vendor e partner tecnologici è strategico per il successo di questa trasformazione. Non si tratta solo di implementare tecnologie, ma di contribuire a una nuova visione della PA, più aperta, più efficiente, più vicina ai cittadini. Una sfida che per essere vinta richiede di saper proporre soluzioni innovative, rispettose degli standard pubblici e orientate al valore.