
Secondo Iungo in una fase geopolitica turbolenta come quello che stiamo vivendo, per le aziende contare su un solo fornitore o avere pochi partner potrebbe essere un rischio. Dagli imprevisti blocchi del traffico nel Mar Rosso ai controlli sempre più rigorosi su materie prime critiche, ogni evento, a suo modo, ha lo stesso impatto. Infatti mette a dura prova le supply chain globali, causando ritardi, interruzioni e costi aggiuntivi. Tutti in grado di compromettere la continuità operativa e la reputazione delle aziende coinvolte.
Pochi partner? Evitare il rischio operativo
In questo contesto, dipendere da un unico fornitore o da un numero molto limitato di partner non rappresenta più soltanto un rischio operativo, ma costituisce una vera e propria vulnerabilità strategica per l’azienda. Eventuali interruzioni, ritardi o criticità di uno di questi fornitori hanno impatti significativi su costi, produzione e reputazione. Perciò la ricerca e la qualificazione di fornitori alternativi non è una semplice “riserva d’emergenza”. Invece deve essere riconosciuta come un asset strategico, una leva preventiva fondamentale per garantire la continuità operativa e sostenere la crescita a lungo termine dell’impresa.
Come comportarsi in una fase a rischio come l’attuale
Immaginiamo cosa comporta trovarsi privi di alternative nel momento in cui un fornitore diventa improvvisamente inaffidabile, a causa di un dazio imprevisto o difficoltà finanziarie. Le aziende sono costrette ad agire in fretta, con scelte limitate e costi significativamente più elevati. Al contrario, quelle che hanno già mappato il mercato, identificato potenziali partner e coltivato relazioni preliminari reagiscono immediatamente. Sostituendo il fornitore critico senza interrompere la produzione. In sostanza, la differenza tra subire passivamente un blocco e affrontarlo con efficacia risiede proprio nella preparazione preventiva. Inoltre nella capacità di avere alternative strategiche già pronte all’uso.
La tecnologia come alleato
Oggi la digitalizzazione amplifica l’efficacia dello scouting dei fornitori. Grazie a piattaforme avanzate e strumenti innovativi, le aziende possono raccogliere e organizzare grandi quantità di dati. Oltre a monitorare costantemente i diversi player del mercato, valutare con precisione le loro performance operative e la solidità finanziaria. Allo stesso tempo, è possibile segmentare il mercato in modo mirato per individuare i partner più innovativi, sostenibili o strategicamente rilevanti per il proprio business.
I benefici tangibili dello scouting continuo
Questo approccio consente all’azienda di reagire più rapidamente ai cambiamenti e alle emergenze. Inoltre permette di costruire una supply chain più trasparente, scalabile e collaborativa. Le imprese che adottano un approccio sistematico e proattivo al monitoraggio del mercato dei fornitori non si limitano a garantirsi alternative. Piuttosto costruiscono nel tempo un vero e proprio vantaggio competitivo. Un presidio costante consente infatti di accedere a opportunità difficilmente intercettabili con logiche tradizionali.
La trasformazione della supply chain
Trasformando la gestione della supply chain in una leva strategica capace di generare valore su più fronti:
- Diversificazione del rischio: meno esposizione a shock esterni, più resilienza.
- Innovazione costante: accesso a fornitori che apportano nuove tecnologie, soluzioni sostenibili e maggiore qualità.
- Velocità di reazione: capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti di scenario.
Un cambio di mentalità necessario
La vera sfida oggi è soprattutto culturale. Non si tratta più di domandarsi se si verificherà una nuova crisi nella supply chain, ma di riconoscere che essa è solo una questione di quando. Affrontare questa realtà richiede un approccio strutturato e sistematico. Come valutare periodicamente il proprio portafoglio fornitori, misurarne le performance secondo criteri oggettivi e coerenti, digitalizzare i processi di gestione e qualificazione. Inoltre definire obiettivi chiari e misurabili di miglioramento continuo.
Trascurare questo approccio significa esporsi a rischi significativi. Con conseguenze che possono tradursi in costi imprevisti, danni alla reputazione aziendale e interruzioni nella continuità operativa, con un prezzo troppo alto da pagare.
Uno scenario che si trasforma
Trend come reshoring, nearshoring e l’adozione dei criteri ESG trasformano in profondità il panorama degli acquisti. Ridefinendo non solo le priorità delle aziende ma anche il ruolo stesso della funzione procurement. Oggi questa funzione non si limita più a gestire operativamente ordini e fornitori. Piuttosto si sta evolvendo verso un profilo altamente analitico e consulenziale, capace di supportare le decisioni strategiche e di influenzare in maniera significativa la competitività dell’impresa.
I dati confermano questo cambiamento
Le aziende che hanno digitalizzato i processi di qualificazione e gestione dei fornitori riescono a ridurre i tempi di approvvigionamento e a negoziare condizioni economiche più vantaggiose. Al contempo, a liberare risorse preziose che possono essere dedicate a iniziative a maggior valore aggiunto. Ad esempio come innovazione di prodotto, sostenibilità e ottimizzazione dei processi interni. In altre parole, la digitalizzazione non è solo un miglioramento operativo, ma un vero e proprio acceleratore di efficacia strategica per l’intera organizzazione.
Dipendere da pochi è un rischio
Il futuro non favorisce chi si limita a rincorrere soluzioni all’emergenza, ma chi sa anticipare i cambiamenti e prepararsi con anticipo. In un contesto di supply chain sempre più complesso e soggetto a interruzioni, disporre di fornitori alternativi già qualificati e pronti all’intervento non rappresenta più un optional o un lusso. Ma invece di una vera e propria necessità strategica per garantire continuità operativa, flessibilità e resilienza aziendale.