Il futuro del lavoro: dialogo tra Gen Z e manager a HReboot

Cosa pensano i nativi digitali, cresciuti e immersi completamente in un mondo tecnologico e sempre connessi.

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Gen Z e manager si incontrano a HReboot per riscrivere la cultura del cambiamento e il futuro del lavoro elencando i 5 trend chiave che guidano la trasformazione. Viviamo in un tempo in cui la tecnologia corre veloce, ma spesso le persone si sentono ferme. Soprattutto le nuove generazioni, la GenZ, i cosiddetti nativi digitali, cresciuti in un mondo tecnologico e innovativo e sempre connessi a internet. Ed i dati parlano chiaro e vengono in nostro aiuto.

La ricerca di Deloitte

Ebbene perché, secondo la Deloitte Gen Z & Millennial Survey 2025, oltre il 70% dei lavoratori appartenenti alla Gen Z è convinta che l’Intelligenza Artificiale rivoluzionerà il mondo del lavoro entro un anno. Eppure, la maggior parte dei manager ammette di non avere ancora gli strumenti per affrontare questa trasformazione. Per il 65% la cultura aziendale italiana è “in evoluzione ma con molta strada da fare”. Mentre il 62% considera l’IA un potenziatore umano.

HReboot, il format/evento sul futuro del lavoro

Ad attestarlo, l’instant survey elaborata da HReboot, un format/evento italiano dedicato al futuro del lavoro e al dialogo intergenerazionale tra manager, giovani talenti, imprenditori, creator, atleti e rappresentanti delle istituzioni. Non è un semplice convegno, ma un “Real Talk”. Fatto di momenti di confronto autentico e diretto, pensato per creare spazi di ascolto, contaminazione e costruzione di una nuova cultura del lavoro.

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Gen Z e manager a confronto a HReboot

In un mondo del lavoro che corre alla velocità dell’intelligenza artificiale, HReboot ha fermato per una sera il tempo, creando spazio per il confronto. C’è chi è cresciuto tra e-mail e report, e chi comunica a colpi di chat e intelligenza artificiale. Due mondi che si sono finalmente incontrati. È successo nella prestigiosa sede milanese dell’Albert School, la prima Data, Business & AI School in Europa. Qui la prima edizione di HReboot ha riunito manager, imprenditori, Istituzioni e Associazioni, giovani talenti, creator e atleti per parlare del futuro del lavoro e del rapporto tra umanità e tecnologia.

Gli organizzatori

Progettato e organizzato da Alessandro Castelli HR advisor e business-mental coach, Giacomo Marchiori, CEO e Founder di Talentware, e Floriano Bollettini, presidente di Albert School, il Real Talk intergenerazionale è stato un momento autentico di confronto. Indipendentemente da ruolo e seniority, per capire come lavorare, crescere e comunicare in un mondo che cambia.

Cultura aziendale in transizione: fiducia e autenticità al centro del reboot

Il cuore dell’evento, moderato da Castelli e da Rita Maria Stanca, il sondaggio live “Lavoro, cultura, intelligenza e futuro: dove siamo (davvero) oggi?”, che ha restituito l’immagine di un’Italia aziendale in piena trasformazione. Il 65% dei partecipanti ha definito la cultura aziendale italiana “in evoluzione ma con molta strada da fare”. Mentre nessuno l’ha percepita come già orientata alle persone. Un segnale chiaro: la spinta verso un modello più umano è partita, ma non ha ancora radici profonde.

Gen Z: carriera meno verticale, più “lattice

Nel  Deloitte Gen Z Global 2024 la seconda parola più citata accanto a “carriera” è “varietà”. I lavoratori appartenenti alla Generazione Zeta, non vogliono scalare: vogliono attraversare funzioni e problemi. La retention si gioca sul senso, non sulla scala. La Gen Z, protagonista del cambiamento, non cerca benefit o gerarchie, ma fiducia, crescita e senso. Per oltre la metà dei rispondenti la chiave per attrarre e trattenere talenti è offrire percorsi di sviluppo personalizzati. Il 42% individua nei leader autentici, capaci di ascoltare e ispirare, la leva decisiva per far evolvere le organizzazioni.

Hreboot, attenzione al divario culturale

Giacomo Marchiori, founder di Talentware
Il vero problema non è il divario generazionale, ma quello culturale. In un mondo che cambia più in fretta dei job title, l’adattabilità è la vera competenza del futuro. Non basta imparare nuovi strumenti: serve imparare a reimparare, ogni giorno. Questo è il punto: l’evoluzione delle competenze tecniche ha senso solo se procede insieme a una evoluzione culturale.

E vale anche per il dibattito hard vs soft skills: pensiero critico, ascolto, capacità di attraversare l’incertezza sono fondamentali, certo. Ma avete mai visto un’azienda manifatturiera, o moda, o IT prosperare senza competenze tecniche all’avanguardia? È la somma che crea valore: cultura che cambia + nuove skill che entrano nel sistema. Le aziende che sapranno coltivare questa mentalità evolutiva diventeranno organismi vivi. Capaci di crescere insieme alle persone, non sopra di loro.

La tecnologia come ponte, non come barriera

Secondo l’European Skills Index 2024 l’Italia è 24sima  in Europa per “skills matching”: le competenze non mancano, ma non sono nel posto giusto. È un problema organizzativo e culturale, prima che di pipeline. Uno dei dati più sorprendenti dell’indagine di Hreboot riguarda proprio l’intelligenza artificiale. Il 62% dei partecipanti la considera un potenziatore delle competenze umane, non un rischio per l’occupazione. Un risultato che ribalta molti luoghi comuni e dimostra come la tecnologia, se gestita con consapevolezza, possa diventare terreno d’incontro tra generazioni, non di scontro.

Dialogo non sfida, la lezione di Hreboot

Alessandro Castelli HR advisor e business-mental coach
Il futuro del lavoro non è una sfida tra umanità e tecnologia, ma un dialogo tra le due. HReboot non è un evento, ma, anzi un format che è piaciuto molto e che si deve replicare. Nasce dalla convinzione che oggi, in un’epoca in cui il lavoro è attraversato da trasformazioni profonde legate alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, serva ripartire dal dialogo vero. Non dai grandi palchi monodirezionali o dai social, ma da confronti reali tra persone, generazioni e competenze diverse. HReboot rimette al centro le persone, manager e giovani che si ascoltano e costruiscono insieme una nuova cultura del cambiamento, fondata su fiducia, autenticità e curiosità reciproca.

Perché solo così la tecnologia, e l’intelligenza artificiale in particolare, possono diventare un potenziatore dell’intelligenza umana ed emotiva, e non il loro sostituto. Il format nasce proprio per questo: creare spazi di confronto autentico. Dove manager e Gen Z si incontrano e danno vita, insieme, a un nuovo linguaggio del lavoro, più umano e consapevole.

Quattro interviste ma doppie

Durante il panel, articolato in quattro “interviste doppie” tra figure provenienti da mondi diversi. SI sono alternati Marco Achilli (Imesa Spa), Nicola Spadafora (Confapi Milano), Silvia Pagliuca, Kim Spolidoro, content creator legata al motorsport. Oltre a Sofia Brunati, atleta paralimpica e business analyst, Alberto Lamberti, Board Member ACMI, Giacomo Marchiori (Talentware) e Floriano Bollettini (Albert School Italia). Il panel ha conquistato il pubblico per la sua dinamicità: domande rapide, spesso non preparate, e un ritmo che ha favorito un dialogo autentico.

Educare al cambiamento, l’obiettivo di HReboot

Floriano Bollettini, presidente di Albert School Italia
Così l’alleanza tra Human e Tech non è più un tema teorico, ma una necessità strategica per costruire il futuro del lavoro. Non esiste più confine tra le competenze umane e quelle tecnologiche: il futuro appartiene a chi sa unirle. Le nuove generazioni devono saper leggere i dati ma anche le persone, comprendere gli algoritmi e al tempo stesso guidarli con senso critico ed empatia. È questa la vera educazione al cambiamento che come Albert School vogliamo promuovere.

Dallo sport al lavoro: la lezione della squadra

Un’altra traccia forte emersa dal confronto è quella dello sport come modello di leadership. Il 62% dei partecipanti al sondaggio ha riconosciuto che il linguaggio sportivo può aiutare le organizzazioni a evolvere, grazie ai valori di fiducia, disciplina e squadra.

Sofia Brunati, atleta paralimpica e business analyst
Nel lavoro come nello sport la performance nasce dalla coesione, non dal risultato a tutti i costi. Le aziende che lo capiscono diventano luoghi in cui le persone vogliono restare.

Dalla teoria al dialogo vero

Giacomo Marchiori, CEO e Founder di Talentware
Il reboot non è un evento, è un processo. È la scelta di non restare fermi nei ruoli, ma di ascoltarsi per evolvere insieme. Questo è il nuovo modo di fare innovazione: umano, condiviso, intergenerazionale.

Dialogo intergenerazionale, tecnologia e leadership autentica. Cinque trend chiave per capire il futuro del lavoro

  1. Dialogo tra generazioni. Oggi il valore nelle organizzazioni non si misura solo con le competenze tecniche, ma con la capacità di costruire ponti tra esperienze e visioni differenti. Il confronto reale tra manager e giovani talenti è diventato un laboratorio di innovazione reciproca. I primi scoprono nuovi linguaggi digitali, metodologie agili e una mentalità più flessibile. I secondi apprendono visione strategica, metodo e capacità di pianificare la propria crescita professionale.

In questo scambio, le nuove generazioni, cresciute in un contesto di crisi e discontinuità, dal Covid all’incertezza economica, portano resilienza e adattabilità, mentre i senior offrono equilibrio e profondità di sguardo. Il reverse mentoring non è più un esperimento, ma una pratica che accelera la maturità individuale e collettiva.

  1. Tecnologia come alleata. L’intelligenza artificiale e gli strumenti digitali non sono più percepiti come minacce, ma come strumenti capaci di amplificare le capacità umane. Secondo i dati, il 62% dei lavoratori vede l’AI come un potenziatore del lavoro quotidiano. Capace di semplificare attività ripetitive, migliorare la precisione delle analisi e liberare tempo per attività creative e decisionali. Oggi la sfida non è “usare” la tecnologia, ma allenare le competenze relazionali e critiche necessarie per governarla. Le aziende che integrano l’AI con una visione human-centered costruiscono ecosistemi più intelligenti, inclusivi e sostenibili.
  2. Gen Z orientata al senso. I giovani nati nell’era digitale cercano più del semplice stipendio o benefit aziendali. Fiducia, crescita personale, impatto concreto sulle attività. E soprattutto lo sviluppo di un senso di appartenenza alle organizzazioni diventano priorità nella scelta del lavoro. Le aziende che comprendono questi bisogni riescono ad attrarre i talenti. Oltre che a costruire un ambiente motivante e sostenibile, dove le persone si sentono parte di un progetto più grande.
  3. Leadership autentica. Il futuro del lavoro richiede leader che sappiano ascoltare, comunicare in modo trasparente e ispirare il team. La leadership autentica è la chiave per promuovere l’innovazione, favorire il coinvolgimento e guidare le organizzazioni nel cambiamento continuo. Non si tratta solo di dirigere, ma di creare un clima di fiducia e collaborazione, in cui le persone possano crescere e sperimentare. La leadership oggi è fatta di vulnerabilità consapevole, empatia e chiarezza nel guidare il cambiamento.
  4. Cultura in trasformazione. Le aziende che combinano competenze tecnologiche avanzate con valori umani solidi sono quelle che prosperano in contesti dinamici e incerti. L’integrazione tra nuove skill digitali, soft skill e attenzione al benessere delle persone costruisce organizzazioni resilienti,. Inoltre capaci di adattarsi rapidamente alle sfide del mercato e di innovare senza perdere il focus sulle persone. Ma la vera evoluzione si chiama Human Sustainability: la capacità di costruire ambienti in cui le persone possano prosperare nel lungo periodo, non solo performare.