Gutman di Supernap Italia: il disaster recovery sotto la lente

Cosa si intende per disaster recovery? Come si fa? Quali rischi e quali opportunità per essere al sicuro?

Gutman di Supernap Italia: il disaster recovery sotto la lente

La pandemia causata dal Covid-19 ha messo in evidenza l’importanza della gestione digitale per qualsiasi attività, sia essa legata al business sia legata ad aspetti sociali, ludici e amministrativi.

In questo periodo ci siamo accorti che per far funzionare qualsiasi cosa serve un sistema informatico, 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno. In pratica, servono una serie di apparati e di software che consentano di governare i processi, le comunicazioni così come i servizi che supportano qualsiasi funzione aziendale e personale.

Quello che non sempre viene però sottolineato è che dietro queste attività c’è anche chi si occupa di sicurezza informatica e non solo per proteggere da attacchi esterni, ma anche per consentire l’immediato ripristino delle attività in caso di blocco.

Alison Gutman, Communication manager di Supernap Italia
Exterior Entrance

Parliamo in questo particolare caso di disaster recovery (recupero del disastro, letteralmente) dove si intende l’adozione di tecnologie, sistemi logistici e organizzativi per ripristinare sistemi IT, dati e infrastrutture necessarie all’erogazione di servizi di business per imprese, associazioni o enti, a fronte di gravi emergenze che ne intacchino la regolare attività.

Gutman di Supernap Italia: il disaster recovery sotto la lente
Alison Gutman, Communication manager di Supernap Italia

Per capirne di più, ne abbiamo parlato con Alison Gutman, Communication manager di Supernap Italia, il Datacenter localizzato a Siziano, alle porte di Milano, che si occupa per molti clienti di gestire il Disaster Recovery.

Il nostro servizio di Disaster Recovery viene offerto contestualmente a quelli tradizionali dei Datacenter, e quindi location di server, storage, gruppi di continuità e tutte le apparecchiature che consentano di governare i processi IT delle aziende. Centinaia di clienti contano su di noi sia per la colocation principale, sia per il Disaster Recovery. Tra di loro ci sono aziende che si occupano, per esempio di Servizi Informatici (system integrator, service provider), Gaming, E-Commmerce, Logistica, Healthcare, Banking/Finance e anche l’Amministrazione Pubblica. Recentemente Supernap Italia si è aggiudicato una gara con l’Istituto di Informatica e Telematica del CNR di Pisa per la colocation del sito di Disaster Recovery di Registro.it, strategicamente importante in quanto sede dell’anagrafe dei domini .it, che ha la sua sede principale proprio presso l’IIT del CNR di Pisa”.

Ci può spiegare in cosa consiste il Disaster Recovery? “Detto in parole semplici è la duplicazione di quella parte della vostra struttura informatica, sia hardware sia software, necessaria a dare continuità operativa all’azienda in caso, appunto di disastro. Il Disaster Recovery può aggiornare la sua copia continuamente, quasi in tempo reale, pressoché annullando il rischio di perdere qualche dato. In più, avendo una copia esatta di network, storage e server, il tempo di recupero è minimo: quello necessario per accendere l’infrastruttura gemella; è possibile anche impostare tempi di recupero immediati e in questo caso parliamo di business continuity. Si parla anche di Disaster Recovery Site e in questo caso il fattore distanza geografica è fondamentale. Perché in caso di catastrofi ambientali importanti, come un terremoto, bisogna garantire una distanza ‘di sicurezza’ che si aggira intorno ai 300 chilometri, questo è il numero stabilito in Italia per avere la certificazione di sicurezza dei sistemi informatici”, spiega Gutman.

“Se invece si parla di Business Continuity, le distanze si accorciano: non più 300 chilometri, ma possono bastare poche centinaia di metri che coincidono con la lunghezza dei cavi necessaria per passare da una sala all’altra della realtà in Italia“, continua Gutman. “Ogni settore del Datacenter è infatti dotato di tutti i sistemi di sicurezza, alimentazione e climatizzazione indipendente, rendendo così possibile – a volte persino consigliabile – mettere l’infrastruttura principale divisa in due sale diverse dello stesso sito e creare un sistema interconnesso: una vera e propria business continuity”.